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Fa bene ogni cosa: dà la vita
Fare bene ogni cosa: dare la vita a chi ne ha bisogno. Diventiamo veri discepoli di Gesù.
Marco 7,31-37
In quel tempo, 31 Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Gesù era andato al nord, verso Tiro e Sidone, e qui aveva guarito la figlia di una donna di quelle parti, una donna che non faceva parte del popolo d’Israele e che tuttavia, con la sua fede, aveva convinto Gesù a guarire la figlia posseduta da un demonio. E’ l’unica volta che Gesù si piega al volere di un interlocutore e si lascia convincere a mutare il proprio convincimento.
Ora Gesù torna verso il mare di Galilea, cioè il lago di Tiberiade. Qui gli portano un uomo sordomuto per guarirlo. Costui non poteva comunicare, se non a gesti, con coloro che lo accudivano, non poteva lavorare, era emarginato dalla vita sociale del suo popolo.
Gesù lo prende in disparte perché non vuole che si sappia cosa sta per accadere. Il vangelo di Marco è costruito in modo tale da mantenere il segreto sulla vera identità di Gesù come figlio di Dio fin sotto la croce, quando il centurione vedendolo morire in quel modo, lo proclama tale.
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Ilva: mettere la fabbrica nelle condizioni di riaprire
«L’Ilva di Taranto deve essere messa nelle condizioni di poter aprire nel pieno rispetto della vita umana. Su questo obiettivo si devono concentrare gli sforzi di tutti per superare l’insostenibile contrapposizione tra vita e lavoro e scongiurare quella che rischia di diventare la più grande tragedia occupazionale del Paese».
Lo affermano le Acli nazionali in una nota congiunta con le Acli pugliesi e le Acli di Taranto, commentando il sequestro degli impianti dell’Ilva ordinati ieri dalla magistratura.
Le Acli esprimono la loro «solidarietà ai lavoratori e alle famiglie che vivono ore di grande preoccupazione per il loro futuro» e invocano allo stesso tempo «grande rispetto per l’azione dei magistrati finalizzata al rispetto delle leggi per la salvaguardia della salute e della vita umana».
«In questa fase estremamente drammatica, le Istituzioni devono fare di tutto per evitare di radicalizzare lo scontro» affermano Gianluca Budano, presidente delle Acli pugliesi, e Aldo La Fratta, presidente delle Acli tarantine. «Compito della politica è agire con senso di responsabilità per trovare una mediazione tra le esigenze del lavoro e dello sviluppo e il corso necessario delle indagini per il rispetto della legalità e della salute».
«Ci muoviamo purtroppo in questo campo con decenni di ritardo» aggiunge Stefano Tassinari, responsabile del lavoro per le Acli nazionali. «Bene ha fatto il governo a sbloccare i fondi per le bonifiche approvando un protocollo di intervento per il risanamento dell’area. Ci si può augurare che ciò sia sufficiente per garantire – al riesame – la non chiusura degli stabilimenti. Ma occorre vigilare perché la messa in sicurezza della fabbrica e dell’area circostante avvenga in tempi rapidi e certi. E bisogna investire strategicamente perché il futuro dell’Ilva sia quello di un’azienda dalla produzione sostenibile, centrale per lo sviluppo del Paese».
Vivere con cuore puro
Un cuore puro e sincero è gradito a Dio: un uomo che ama, come Gesù, amore sa vivere le prescrizioni della legge con sapienza.
Marco 7,1-8.14-15.21-23
In quel tempo, 1 si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 2 Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3 - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi 4 e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, 5 quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». 6 Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
"Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
7 Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
8 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
14 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! 15 Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». 21 E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22 adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».
Gesù si trova ad affrontare il tema della finalità della legge con i rappresentanti della legge stessa: i farisei, che erano i più attenti nel metterla in pratica, e gli scribi, che erano coloro che la interpretavano.
Il confronto sulla legge nasce da un fatto pratico: mangiare senza aver fatto le purificazioni prescritte dalla legge da parte dei discepoli. La domanda viene dai farisei e dagli scribi, che la collegano con la tradizione degli antichi, cioè dei padri del popolo.
Gesù riprende un testo del profeta Isaia (29,13) e risponde con accuratezza: queste pratiche non sono dottrina di Dio, ma degli uomini, infatti il cuore è lontano dalle labbra, cioè c’è una discrepanza tra ciò che si professa nel culto e ciò che si vive nella vita quotidiana. Come dirà san Paolo: non è l’osservanza della legge che salva, ma credere in Gesù risorto figlio di Dio.
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Gesù è il santo di Dio
La santità è la vera vita e Gesù ne è l'autore. Nello Spirito del PAdre egli la dona agli uomini, perché possano vivere anche loro da santi.
Giovanni 6,60-69
In quel tempo, 60 molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61 Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63 È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64 Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65 E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
66 Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67 Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68 Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69 e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Gesù ha terminato il suo discorso sul pane della vita nella sinagoga di Cafarnao, in cui ha invitato esplicitamente i suoi compaesani a mangiare della sua carne e del suo sangue per avere la vita eterna.
Queste parole, se non ben intese nel suo significato realistico-simbolico, fanno pensare che i cristiani sono invitati a diventare dei cannibali, cosa niente affatto vera né per Gesù né per noi. Tuttavia, proprio quando non sono intese bene, diventano dure da ascoltare. Gesù, che conosce il senso di quanto sta dicendo e sa che può suscitare questa reazione tra i discepoli, li interroga sul loro scandalizzarsi, invitandoli a prendere atto che lui viene dal cielo, anche se ora si trova in mezzo a loro per la loro salvezza. Occorre avere fiducia nello Spirito che dà la vita, in quanto è nello Spirito che siamo creati dal Padre, mentre la carne, cioè la fragilità della vita umana non dà la vita, perché alla fine si muore e non può essere il fondamento su cui poggiare la propria vita.
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Esodati: Guida del Patronato Acli con il Sole 24 Ore
Una guida dettagliata dedicata al tema degli "esodati" alla luce delle novità introdotte dal decreto "Salva Italia" e dai successivi interventi del Governo.
La pubblicazione, curata dagli esperti del Patronato Acli, sarà in edicola da domani, giovedì 26 luglio, con Il Sole 24 Ore (in vendita a 7.90 euro più il prezzo del quotidiano).
La guida analizza dettagliatamente, con esempi e casi pratici, ogni singola tipologia di lavoratori interessati (in mobilità, rientranti nei fondi di solidarietà settoriale, prosecutori volontari, ecc.), i requisiti che devono possedere, le modalità di accesso ai benefici.
I lavoratori cosiddetti "esodati" sono al momento 120.000, di cui 65.000 salvaguardati dal decreto ministeriale del 1° giugno 2012, e altri 55.000 dal dall’art.22 del disegno di legge n. 95 del 6 luglio 2012, meglio noto come “Spending review”.
La pubblicazione è quindi aggiornata con il testo commentato del messaggio Inps del 20 luglio (n. 12196)
Mangiare la vita per vivere della vita
La vita si diffonde quando viene mangiata. Questa legge di natura Gesù la fa sua offrendosi come la vita vera. Se vogliamo vivere è lui che dobbiamo mangiare.
Giovanni 6,51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla: 51 «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù, nel dialogo con i giudei, li esorta a credere che solo se mangeranno la sua carne e berranno il suo sangue potranno avere parte alla vita eterna. Ma se Gesù intende ciò in modo simbolico, i suoi interlocutori lo intendono in modo materiale e ne rimangono sconcertati. Ora il simbolo non è qualcosa di irreale, come spesso riteniamo ai nostri giorni, ma è qualcosa che opera realmente in quanto mette in relazione realtà diverse, in questo caso mangiare la carne e bere il sangue di Gesù con la nostra vita, vuol dire entrare in relazione con Gesù vivente. Se ci fermiamo alle apparenze del simbolo ci disgustiamo come i giudei, se invece lo accogliamo come un ponte reale che ci mette in relazione con ciò che esso indica, Gesù vivente, possiamo coglierne tutte le potenzialità e farci accompagnare nel mistero di Gesù che si dona a noi.
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Gesù ci sazia con la vita
E' la vita che ci sazia, e la vita di Gesù è la vita vera che sola può saziare il nostro desiderio di vita buona e giusta.
Giovanni 6,41-51
In quel tempo, 41 i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?». 43 Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Nei versetti 6,36-40 – che la liturgia omette nella lettura continua di questo dialogo di Gesù con i Giudei – Gesù afferma che la sua missione è quella di non perdere nulla di tutto ciò che il Padre gli ha affidato. Infatti «questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (6,40)
La mormorazione dei Giudei rimanda alla mormorazione degli ebrei nel deserto nei confronti del Signore, da cui poi ottennero il pane dal cielo. Qui la mormorazione è contro Gesù perché si era identificato con il pane disceso dal cielo. Lo sconcerto dei Giudei, maggiore del nostro, è basato sul fatto che di Gesù essi conoscevano il padre e madre, Giuseppe e Maria, e dunque come poteva Gesù dire di essere disceso dal cielo?
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Discernere i "segni" di Dio
Il segno di Dio svela il desiderio del cuore dell'uomo. Dio ci aiuta a discernere il bene che ci fa e ad accoglerlo con gioia.
Giovanni 6,24-35
In quel tempo, 24 quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25 Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?».
26 Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28 Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29 Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
30 Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede loro da mangiare un pane dal cielo"». 32 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33 Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
34 Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Tra l’episodio della moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-14) e l’attuale, Giovanni inserisce il racconto di Gesù che, camminando sulle acque, raggiunge i discepoli in mezzo al lago e con loro raggiunge Cafarnao.
La folla rimasta al di là del lago, dove era avvenuto il segno della moltiplicazione dei pani, va in cerca di Gesù. Una volta trovatolo gli chiedono come aveva fatto a raggiungere quel posto, visto che si era ritirato solo sulla montagna e non era partito con i discepoli sulla barca. Gesù non risponde a questa domanda, ma comincia a parlare del cuore dei suoi interlocutori. Egli svela loro che cosa alberga nei loro cuori in relazione al segno che hanno visto.
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Condividere porta la vita
Benedire ciò che si condivide porta la vita per tutti. Il dono ricevuto e scambiato è segno della fraternità vissuta concretamente.
Giovanni 6,1-15
In quel tempo, 1 Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2 e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3 Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7 Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8 Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10 Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12 E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15 Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Il vangelo di Giovanni si può dividere in 3 parti. La prima è il libro dei segni (capp. 1-11), la seconda è la preparazione della pasqua/passione (capp. 12-17), la terza il mistero pasquale (capp. 18-21).
Dopo il battesimo presso il Giordano, Gesù compie il primo segno alle nozze di Cana; poi sale a Gerusalemme per celebrare la Pasqua con la purificazione del tempio e il colloquio notturno con il fariseo Nicodemo; Gesù incontra la Samaritana al pozzo mentre va a Gerusalemme per celebrarvi di nuovo la pasqua durante la quale risana un paralitico presso la piscina di Betzata e discute con i giudei sulla testimonianza che il Padre gli dà in quanto Figlio.
Siamo così giunti al nostro episodio che, contrariamente ai precedenti, Giovanni ha in comune con i vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca.
Siamo su un monte nei pressi del lago di Tiberiade. Giovanni è un narratore che commenta spesso quanto sta accadendo sia dando indicazioni di spazio e di tempo, che commentando gli avvenimenti. E’ una sua caratteristica, meno presente negli altri tre vangeli.
Siamo vicini a un’altra festa di Pasqua. Gesù si siede in un luogo elevato e vede salire verso di lui una folla. La sua prima preoccupazione è quella di sapere come dargli da mangiare e mette alla prova Filippo per vedere se riesce a intuire cosa sta succedendo.
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Estate: partono i primi volontari Acli per l'estero
Il progetto Ipsia "Terre e libetà". Balcani, Mozambico, Kenya e Brasile le mete
Sono in partenza i primi volontari per i campi estivi all’estero organizzati da Ipsia, la ong delle Acli impegnata nel settore della cooperazione, l’educazione allo sviluppo e il volontariato internazionale.
Domani, venerdì 20 luglio, partirà un gruppo scout da Milano, destinazione Mostar, in Bosnia Erzegovina, e altri nove ragazzi che raggiungeranno invece Gora, sulle montagne kosovare al confine con la Macedonia. Entro il 4 agosto partiranno anche tutti gli altri, in totale 120 volontari da tutta Italia, che andranno in Albania, Mozambico, Kenya e Brasile (Amazzonia).
L’età media è 24 anni. Il più giovane ne ha 16. Le ragazze sono circa il doppio dei ragazzi. Metà di loro sono alla prima esperienza. Nel gruppo anche un cittadino albanese, un colombiano, un’indiana, una italo-rwandese.
«Si tratta di un’esperienza dal grande valore educativo e formativo» spiega Paola Villa, presidente della ong Ipsia e responsabile della cooperazione internazionale per le Acli. «Una proposta che coniuga le attività proprie della cooperazione allo sviluppo, finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita di alcune comunità, con l’educazione dei giovani alla cittadinanza mondiale, all’apertura verso l’altro, attraverso l’incontro con mondi lontani, l’esperienza concreta del gioco, la condivisione della vita quotidiana, la consapevolezza delle dinamiche planetarie di ingiustizia e squilibrio».
Nei diversi luoghi di destinazione, i volontari svolgeranno principalmente attività di animazione con bambini e giovani. I ragazzi che andranno in Bosnia Erzegovina collaboreranno strettamente con le associazioni giovanili locali. In Kosovo lavoreranno con le minoranze etniche rom, serbe e gorane. In Albania frequenteranno i villaggi rurali ed isolati del nord del Paese. L’esperienza in Mozambico sarà all’interno della missione cattolica di Inhambane. In Kenya, a Nairobi, in un centro per ragazzi di strada e a Meru, in una cooperativa locale inserita nel circuito del commercio equo e solidale. I giovani che andranno in Amazzonia si immergeranno nella realtà particolare dei piccoli indios Saterè-Mawè, considerati “I figli del Guaranà”, la liana sacra che indica anche il principio della conoscenza.
Il progetto di volontariato all’estero delle Acli si chiama “Terre e libertà” e nasce nel 1998 per il recupero del trauma nei bambini della Ex Jugoslavia. Da allora si è ampliato ad altre realtà e altri Paesi attraverso nuove modalità di azione. In meno di 15 anni sono partiti con la ong delle Acli circa 1000 ragazzi.
Povertà: "spread sociale" insostenibile
Commento delle Acli ai nuovi dati Istat. Figli e lavoro fattori di rischio
Lo afferma il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, commentando i nuovi dati Istat sulla diffusione della povertà nel nostro Paese: 1 milione e 297 mila famiglie (il 5,2% sul totale) in condizione di povertà assoluta. Più del doppio – 2 milioni e 782 mila (l’11,1%) quelle in situazione di povertà “relativa”. L’Italia è l’unico tra i Paesi dell’Europa a 15, con la Grecia, ad esser privo di una misura stabile per il contrasto della povertà.
Spiega il presidente delle Acli: «L’assenza di lavoro e la presenza di figli sembrano diventati i due fattori determinanti per lo scivolamento delle famiglie nella condizione di povertà. E’ una situazione intollerabile perché mina alle radici la possibilità di crescita e di sviluppo. E’ necessario intervenire da una parte con un piano straordinario per l’occupazione, a partire da quella giovanile; dall’altra con il varo di una politica fiscale finalmente a vantaggio delle famiglie con figli»
«La spending review – aggiunge Olivero – è doverosa: serve tra l’altro a impedire l’aumento dell’Iva. Ma non può essere un alibi per allargare ancora la forbice tra ricchi e poveri nel nostro Paese. Questa forbice va chiusa attraverso una politica di redistribuzione delle ricchezze, a partire da quella robusta patrimoniale che non si è voluta o potuta ancora fare in Italia».
«Se lo spread ci dice che la tenuta dell’economia è in crisi, i dati Istat ci dicono che è in crisi la tenuta sociale del Paese. Non si può intervenire sulla prima senza intervenire anche sulla seconda. Anche lo spread sociale è insostenibile».
ILLIRIA
Sottoscritta una convenzione con il Gruppo ILLIRIA, società leader nel settore della distribuzione automatica di alimenti e bevande.
Speciali condizioni per le strutture ACLI: listino prezzi concordato, assistenza tecnica gratuita e predisposizione degli allacci della corrente elettrica ed acqua potabile, sempre a titolo gratuito. Oltre ad usufruire di beni omaggio a titolo di incentivo.
Maggiori dettagli nella circolare inviata alle strutture provinciali.
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La compassione ci salva
La compassone di Gesù ci coinvolge nell'annnuncio del regno di Dio salvandoci dalle nostre chiusure e aprendoci alla fraternità con tutti.
Marco 6,30-34
In quel tempo, 30 gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
32 Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
34 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
La lettura quasi continua del vangelo di Marco salta l’episodio della morte di Giovanni Battista, che viene letto nella memoria liturgica del martirio del Battista il 29 agosto.
I Dodici sono andati in missione a due a due (come abbiamo visto la scorsa domenica) e sono tornati da Gesù raccontando nei particolari cosa avevano fatto e quello che avevano insegnato. E’ la verifica di questo esercizio formativo, che però aveva una efficacia reale per quanti li avevano incontrati.
Gesù si prende cura degli apostoli e li invita in un luogo in disparte dove poter raccontare con calma quanto avevano vissuto e anche per riposarsi dal cammino fatto per i villaggi vicini. Ma anche li, dove si trovavano, la gente non mancava e a tutti dovevano dare ascolto e indirizzare una parola evangelica, così non avevano il modo di mangiare, non essendoci un segnale per indicare l’orario della pausa-pranzo.
Gesù e gli apostoli si allontano su una barca, ma probabilmente seguono la costa così che diventa facile seguirli, anzi precederli nel luogo del nuovo approdo.
Qui Gesù vede questa grande folla e nel suo cuore nasce un moto di compassione.
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Cittadinanza: 72% italiani favorevoli. "Niente più alibi"
Commento delle Acli all'indagine Istat "I migranti visti dai cittadini"
«Non ci sono più alibi per rinviare l’approvazione di una legge che conceda la cittadinanza ai figli degli immigrati che nascono nel nostro Paese».
Lo affermano le Acli commentando i dati dell’Istat – “I migranti visti dai cittadini” – secondo i quali il 72,1% degli italiani è favorevole all’introduzione dello ius soli per il conferimento della cittadinanza a quanti nascono in Italia da genitori stranieri.
Secondo Santino Scirè, vicepresidente nazionale delle Acli con delega all’immigrazione, «questi dati confermano la bontà del lavoro portato avanti con la campagna “L’Italia sono anch’io” dalle Acli con altre numerose organizzazioni della società civile, che hanno consegnato alla Camera dei Deputati oltre 200mila firme per la riforma della legge sulla cittadinanza e il diritto di voto alle amministrative per gli immigrati stabilmente residente».
«Nella lettura del fenomeno migratorio da parte dei cittadini italiani – riconosce Santino Scirè – non mancano aspetti contraddittori, che ci invitano ad moltiplicare gli sforzi sul piano dell’integrazione e della mediazione culturale. Se c’è infatti un’evoluzione positiva nell’accettazione degli stranieri da parte degli italiani, permangono ancora diffidenze e pregiudizi. L’immigrato che lavora va bene, non “ruba” più il posto agli italiani, ma l’idea che possa far parte del nostro vicinato o della nostra famiglia inquieta ancora. E restano poi i pregiudizi nei confronti di Rom e Sinti che richiedono un supplemento di impegno e responsabilità da parte di tutti».
Lavoro: calano gli infortuni, anche 'grazie' alla crisi
Meno lavoro, meno incidenti. Il commento delle Acli ai dati Inail per il 2011
La diminuzione del numero degli infortuni sul lavoro «è senza dubbio una buona notizia, ma non bisogna farsi troppe illusioni. Il calo è riconducibile in buona sostanza alla diminuzione del numero degli impiegati e delle ore lavorate a causa della crisi economica».
Così le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani commentano i dati presentati oggi dall’Inail alla Camera dei deputati, che registrano per il 2011, in continuità con gli ultimi anni, un calo degli incidenti sul lavoro di circa il 6%. Diminuiscono anche gli infortuni mortali: 920 contro i 973 del 2010. «Ma resta intollerabile per un Paese civile la cifra di quasi di mille vittime sul lavoro ogni anno».
Anche il dato specifico sugli infortuni in itinere (-7,1%), quelli che avvengono nel tragitto tra casa e lavoro, «può essere legato – secondo i tecnici del Patronato Acli - ad una maggiore incidenza di situazioni non riconducibili alla normativa vigente, che appare troppo rigida in questo campo specialmente per quanto riguarda gli spostamenti con l’utilizzo del mezzo proprio e gli spostamenti che coniugano l'itinerario da e per il lavoro con altre incombenze familiari».
La normativa sugli infortuni in itinere andrebbe modificata, secondo le Acli, estendendo ad esempio la copertura assicurativa Inail anche a chi sceglie la bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro. Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani aderiscono alla campagna “In Itinere”, sorta nell’ambito del movimento “Salvaiciclisti”, della Federazione italiana amici dei ciclisti (Fiab), della Federazione europea dei ciclisti (Ecf), che chiede appunto nuove tutele per chi va a lavoro in bici.
«Mentre nel resto d’Europa l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro è sistematicamente incentivato e promosso – spiega Paola Villa, responsabile delle Acli per lo sviluppo sostenibile - in Italia il lavoratore che decide di spostarsi senza inquinare e senza creare traffico, non solo non riceve alcun incentivo, ma deve farlo a proprio rischio e pericolo».
Infatti, in caso di sinistro durante il percorso casa-lavoro effettuato in bicicletta, l’Inail riconosce al lavoratore lo status di “infortunio in itinere” solo “purché avvenga su piste ciclabili o su strade protette; in caso contrario, quando ci si immette in strade aperte al traffico bisognerà verificare se l’utilizzo era davvero necessario”. I sostenitori della campagna puntano ad introdurre una modifica all’art 12 del D.Lgs. 38/2000 aggiungendo al testo attuale la frase: “L’uso della bicicletta è comunque coperto da assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo del mezzo pubblico”. «Esattamente come previsto per il lavoratore che si reca al lavoro a piedi – spiega Paola Villa – va annullata l’equiparazione della bicicletta con qualsiasi altro mezzo privato e considerata l’opzione della bicicletta come scelta di mobilità sostenibile e quindi orientata ad un beneficio pubblico».
Lavoro, dati Ocse: un 'quadro terribile'. Serve piano straordinario per occupazione giovanile
Afferma Stefano Tassinari, responsabile del dipartimento lavoro delle Acli: «Occorre recuperare la necessaria dose di coraggio e di progettualità per pensare e realizzare cambiamenti più profondi di quelli messi in campo fino ad oggi. Servono progetti e visioni di lungo periodo, per rilanciare un investimento sul futuro che generi nuova economia».
«Per l’Italia – continua Tassinari – il primo progetto da costruire è un piano straordinario per l’occupazione, le tutele e l’imprenditorialità giovanile. Lo abbiamo chiesto a più riprese al Governo. L’approvazione della riforma del lavoro, che da sola non basta a rilanciare l’occupazione, può essere l’occasione per costruire i presupposti di questo piano di sviluppo, coinvolgendo tutti gli attori sociali: dalle imprese alla scuola, dai sindacati al terzo settore. I giovani sono la grande emergenza e la grande risorsa sprecata del nostro Paese».Inviati con sobrietà
Inviati con mezzi sobri, perché la potenza dell'annuncio viene dallo Spirito di Dio che lo sostiene e lo promuove nella storia degli uomini per farlo avanzare fino alla fine dei tempi.
Marco 6,7-13
In quel tempo, 7 Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
10 E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Dopo essere tornato a Nazaret ed essersi meravigliato dell’incredulità dei suoi concittadini, Gesù manda i suoi discepoli a sperimentare cosa vuol dire annunciare il regno di Dio. Gli fa compiere un tirocinio formativo e pone loro alcune condizioni necessarie per svolgere questo compito.
Prima di tutto non devono essere soli, ma in coppia, per non subire la fatica della solitudine della missione. Occorre confrontarsi, confortarsi e sostenersi a vicenda davanti allo svolgimento dell’annuncio con le sue ombre e le sue gioie.
Inoltre, i discepoli devono andare per strada con mezzi sobri e vivere di quello che la gente che incontreranno gli darà per il loro sostentamento. Ai nostri occhi questo appare poco usueto, ma sta a significare che i discepoli confidano nel Signore e negli uomini e non sulle loro forze per vivere, così da testimoniare la gratuità della salvezza che viene da Dio.
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