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Roma, 6 aprile 2013 - Il presidente nazionale delle Acli Gianni Bottalico esprime la solidarietà e la vicinanza delle Acli ai quattro reporter italiani fermati ieri in Siria, il giornalista Rai Amedeo Ricucci, il fotografo Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la collaboratrice Susan Dabbous, ed auspica che al più presto possibile possano essere rilasciati.
Il presidente Bottalico nel rispetto del silenzio stampa chiesto dalla Rai e del riserbo massimo invocato dal Ministero degli Esteri per favorire una rapida soluzione del caso, sottolinea il valore e la professionalità dimostrata anche in questo caso dai giornalisti della televisione di stato fermati da un gruppo di ribelli appartenenti a quella galassia opaca ed infiltrata dell'opposizione, e non ai siriani che lottano per la libertà dell'Esercito Siriano Libero.
Roma, 30 marzo 2013 - «La decisione annunciata oggi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di portare al termine della scadenza naturale il suo mandato e di costituire due gruppi ristretti di orientamenti politici diversi, per un lavoro programmatico finalizzato a sbloccare lo stallo politico e istituzionale venutosi a creare dopo il voto, è di quelle che lasciano il segno a suggello di un settennato straordinario all’insegna della saggezza e della costante ricerca dell’interesse nazionale.» Lo afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle ACLI.
«Le Acli non lasceranno mancare il loro pieno sostegno e la loro convinta collaborazione alle scelte del Capo dello Stato volte a ricercare risposte alla gravità della situazione economica e sociale del Paese», prosegue Bottalico.
«Esprimiamo piena convergenza sulla necessità posta da Napolitano alle forze politiche di “ripartire dalla condivisione sui temi economici ed istituzionali” e sull’esigenza che da parte di tutti i soggetti politici vi sia “piena consapevolezza della gravità e urgenza dei problemi del paese e quindi un accentuato senso di responsabilità” che consenta la formazione di un governo in tempi ragionevoli, non riproponendo logiche né della scorsa campagna elettorale, né di quella che alcuni irresponsabilmente vorrebbero assai prossima.
Condividiamo altresì – conclude Bottalico - l’auspicio di Napolitano che la scadenza ormai ravvicinata dell'elezione del nuovo Capo dello Stato sia il frutto di un'ampia intesa tra le forze politiche».
In quel tempo, 1 Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2 si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. 3 Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
4 Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5 Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6 Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7 Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8 Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
9 Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10 Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11 Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12 Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13 Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14 Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
15 Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16 Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17 Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18 In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
I discepoli, dopo la resurrezione di Gesù, sembrano tornare alle proprie occupazioni abituali. Pietro prende l’iniziativa e va a pescare, di notte, il tempo migliore per pescare. Eppure non prendono nulla.
Giovanni ci presenta Gesù risorto che si avvicina ai discepoli che non lo riconoscono. Come sempre Gesù vuole aiutare i suoi interlocutori a prendere coscienza della propria situazione esistenziale. Alla samaritana, per esempio, aveva chiesta da bere, qui chiede se hanno qualcosa da mangiare per condividerlo con lui. Egli li chiama figli, per indicare che sono suoi fratelli nella relazione con il Padre. I discepoli devono riconoscere la propria povertà: non hanno nulla da condividere.
Egli li invita a gettare le reti in un posto particolare, alla destra della barca. I discepoli accolgono volentieri questa parola. Il loro interlocutore sembra sicuro di ciò che dice, forse conosce meglio di loro quelle acque, che pure frequentavano giornalmente. Tuttavia si fidano della sua parola e hanno ragione, perché pescano molti pesci, una quantità sovrabbondante, inusuale. La pesca come la moltiplicazione dei pani. E’ il segno che il Signore è presente, ed è il discepolo amato che ricorda quanto è avvenuto prima della morte di Gesù e si rende conto che il Signore è li con loro, ancora una volta a colmare il loro desiderio di vita.
(leggi tutto nel documento correlato sotto l'immagine a sinistra)
Giovanni 20,19-31
19 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22 Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23 A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28 Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
30 Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31 Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
La pace che Gesù offre ai suoi discepoli è la pace definitiva. Pace in ebraico significa avere a sufficienza. Ai suoi discepoli Gesù dà ciò che serve ed è sufficiente per vivere.
Essi hanno paura dei Giudei, che hanno ucciso Gesù, ma egli si mostra a loro vivo e ciò è sufficiente per non temere più nessuno, nemmeno la morte che è stata vinta da Gesù. Gesù mostra i segni della sua morte per mostrare che è vivo. E i discepoli sono contenti di vedere il Signore ancora in mezzo a loro.
Gesù rinnova l’augurio di pace ai suoi e li manda ad annunciare al mondo che il Padre ama le sue creature e che Gesù ha rivelato questo amore nel suo mistero pasquale. L’amore del Padre si rivela nel dono dello Spirito e nel perdono dei peccati. Perdonare significa non attaccare indelebilmente una persona alle proprie colpe, ma avere fiducia in lui lasciandogli uno spazio di vita in cui possa cambiare i propri comportamenti, accedendo così a una vita nuova e rinnovata. Questo è il compito dei cristiani che vivono nel mondo: testimoniare che è possibile rinnovare la vita dall’ingiustizia, dalla sopraffazione, dall’indifferenza, dall’odio per i fratelli, perché questo è quello che vuole Dio per tutti.“Per questo auspico – prosegue Bottalico – che attorno alla sintesi delle priorità del Paese, che sta facendo il leader dello schieramento che è comunque risultato il più votato dagli elettori, possa costituirsi una stabile maggioranza parlamentare, sulla base di accordi chiari e trasparenti capaci di far emergere quelle istanze di buon senso che sono presenti nei principali gruppi politici. Infatti, tutte le forze politiche devono concorrere a far emergere il meglio per il Paese da una situazione oggettivamente complicata”.
“Un'impresa non impossibile – conclude Bottalico – se si metteranno da parte gli accordi al ribasso per la ricerca di meschine convenienze, e si sapranno invece mettere al centro dell'attenzione e dell'azione di governo nell’immediato e per il tempo che è necessario, quei chiari messaggi che sono venuti dall'elettorato e che riguardano soprattutto:
una richiesta perentoria di serietà e di etica nella politica, che esige anche segni tangibili di riduzione dei costi della politica;1 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
3 Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
8 Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
I l protagonista di questo racconto di resurrezione è il sepolcro vuoto. Il sepolcro è la memoria di chi vi è sepolto. Al sepolcro si va per ricordare e ci si allontana con il ricordo del morto e della nostra futura morte. Questo sepolcro vuoto, invece, ci invita a credere (Gv 20,8: vide e credette) che la morte non è l’ultima parola della nostra vita. Il sepolcro vuoto ci aiuta a comprendere la Scrittura che annuncia l'amore del Padre per il Figlio diletto e per ogni uomo e donna.
Questo amore ha una forza così grande da ridare la vita al Figlio che si è affidato al Padre, fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,6-11). E' la fede nel Padre che dà la salvezza al Figlio e a chiunque crede nel Figlio (Gv 3,16: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna»).
(leggi tutto nel documento correlato sotto l'immagine a sinistra)
Nei suoi 95 anni di vita don Giovanni ha attraversato le più diverse fasi della vita del Paese, dalla dittatura alla Resistenza – cui partecipò giovane sacerdote come staffetta – dalla ricostruzione alla crescita della società dell’opulenza. Noi lo ricordiamo come primo assistente delle ACLI padovane, come cappellano di fabbrica e soprattutto come primo Presidente e costruttore della Caritas italiana, alla quale dedicò la sua intelligenza e la sua passione in anni in cui di povertà e di marginalità non si poteva nemmeno parlare.
Insieme a figure indimenticabili come don Luigi di Liegro don Nervo è stato uno di coloro che più hanno fatto per turbare la falsa quiete delle coscienze con parole chiare e responsabili, mettendo in crisi una concezione dello sviluppo economico e sociale che non guarda mai verso coloro che rimangono indietro e che anzi ultimamente trova come sua unica missione il creare sempre nuovi poveri.
A noi piace ricordarlo con le parole che egli stesso pronunciò al convegno per il quarantennale della Caritas solo due anni fa, con la lucidità e la freschezza di spirito di sempre.
“È significativo il titolo che Caritas e Fondazione Zancan hanno dato al Rapporto 2011 su povertà ed esclusione sociale in Italia: “Poveri di diritti”, che è un fedele riscontro all’insegnamento del Concilio, che nel decreto sull’apostolato dei laici ripete quello che già aveva detto la Quadrag-simo anno: non dobbiamo dare come carità quello che è dovuto per giustizia. Farsi voce della dignità e dei diritti dei poveri significa anche che, di fronte ad una situazione in cui in Italia 8 milioni di cittadini, il13% della popolazione, si trovano in povertà relativa, e fra questi 3 milioni vivono in povertà assoluta e
il 25% della popolazione vive a rischio di povertà, non sì può consentire che una persona allora responsabile come l’ex presidente del Consiglio, in una conferenza stampa internazionale, dica che in Italia c’è l’abbondanza e i ristoranti sono pieni e gli aerei hanno tutti i posti esauriti. Espressioni del genere sono una offesa alle sofferenze e alla dignità dei poveri. “
Il primato dell’attenzione ai poveri e la costruzione di un mondo a misura dell’uomo sono il suo lascito più importante, ed è significativo che ciò accada nel momento in cui il ministero petrino è assunto da un Vescovo che sogna una “chiesa povera per i poveri” e per sé prende il nome del Poverello per antonomasia: di tutto ciò, siamo certi, don Giovanni si sarà rallegrato nei suoi ultimi giorni terreni, e dal cielo ci accompagnerà ancora con la sua preghiera di intercessione.
Gianni Bottalico
Gianni Bottalico, presidente nazionale Acli, su omelia inizio pontificato
«Da papa Francesco parole profetiche e ricolme di speranza evangelica ma che suonano di condanna ai poteri reali contemporanei». Questo il commento del presidente nazionale delle Acli, Gianni Bottalico all’omelia di inizio pontificato di papa Francesco.
«Le parole del papa gesuita latinoamericano, - continua Bottalico - che adombrano il programma del suo pontificato, costituiscono per i giovani un ideale cui ispirarsi, per tutti i credenti una testimonianza da dare.
Papa Begoglio ha riproposto concetti nello stesso tempo antichi e nuovi: la logica evangelica delle beatitudini, del “beati gli ultimi” e l’idea francescana della “custodia” del creato e della dignità di ogni uomo, fondate sulla “custodia” del mistero del Figlio incarnato.
Ma in ognuno di noi, nella Chiesa, nella società, nelle istituzioni, nei poteri effettivi che governano il mondo vi sono delle resistenze ad una simile logica che intende ogni forma di potere come servizio, ed allora prendono il sopravvento i tanti disegni di morte che anche nel mondo d’oggi “distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna” ».
«Da questa omelia – conclude Bottalico – emerge un impegnativo programma per i cattolici nel mondo, fondato su una apertura al prossimo che sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attenta a ciò che li circonda, e sa prendere le decisioni più sagge.
La scommessa di papa Bergoglio è la scommessa per la quale esistono le Acli: che dalla sensibilità agli altri, dalla fraternità, si possa ancora aprire l’orizzonte della speranza, "aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi", addensate a causa dell’attuale crisi finanziaria che sta drammaticamente scombussolando la vita dei lavoratori e delle famiglie ed i fragili equilibri internazionali».
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