Non è più tempo dei «
valori proclamati e contraddetti». Non è più tempo di «enunciazioni astratte di principi». I valori si esprimono in politica attraverso «
comportamenti coerenti e proposte concrete».
È “
la nuova stagione dell’impegno” dei cattolici in politica, dal titolo dell’appuntamento promosso a Roma dalle Acli a pochi giorni dal recente
Incontro di studi di Orvieto. «
La stagione delle cose da fare» ha detto il presidente delle Acli,
Andrea Olivero, del «realismo patriottico» ha rilanciato il ministro per la cooperazione e l’integrazione
Andrea Riccardi.
Insieme a loro, nella sala Capranichetta, di fronte a Montecitorio,
Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, e
Lorenzo Dellai, presidente della provincia autonoma di Trento. I quattro si erano ritrovati insieme già quest’estate, nel capoluogo trentino, per ricordare la figura di Alcide De Gasperi, che anche oggi è stato evocato più volte, a partire da questa sua citazione particolarmente attuale, rispetto alla “collocazione” dei cattolici in politica: «Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale».
«Ci siamo ritrovati su un’idea comune di politica – ha detto il presidente delle Acli introducendo l’incontro – l’idea di
una politica fondata sulla giustizia sociale, sulla valorizzazione delle comunità e dei corpi intermedi. Ci sentiamo interpellati dalla situazione drammatica che il Paese sta vivendo e vorremmo lavorare insieme per il rinnovamento e la trasformazione della politica». A partire, appunto, dalle cose da fare.
Occupazione giovanile, contrasto alla povertà, sostegno alle famiglie, cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia: le Acli hanno riproposto
le questioni poste ad Orvieto dinanzi ai leader di Pd e Udc, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. «Solo sui programmi si costruiscono alleanze – ha ribadito Olivero – tutto il resto è tattica. E i valori in cui si crede si esprimono attraverso le proposte concrete, per riconquistare la fiducia dei cittadini». I programmi sono «le sfide su cui costruire una buona politica»: ma «
serve discontinuità rispetto al passato» insiste il presidente delle Acli, secondo il quale «i partiti devono trasformarsi in soggetti di diritto pubblico e rispondere del loro operato in maniera trasparente e democratica. Bisogna intervenire in maniera drastica sui costi della politica e sul rinnovamento della classe dirigente».
Sulla questione degli sprechi e degli scandali è intervenuto anche
Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, che ha invocato l’avvento di una nuova classe dirigente finalmente responsabile, capace di rifiutare populismi e demagogie, e ha proposto il riferimento della “
Caritas in Veritate”, l’enciclica di
Benedetto XVI, per un modello di economia capace di integrare il valore del dono.
Il presidente della provincia di Trento,
Lorenzo Dellai, ha sottolineato il rischio che la crisi economica da una parte e il degrado delle istituzioni locali dall’altra portino a cancellare i valori della comunità e dell’autonomia. «L’alternativa allo sfascio e alla deriva etica non può essere un nuovo centralismo», così come la risposta alla crisi del welfare non può essere «l’idea che ognuno si arrangi come può». Contro «statalismo» e «iperliberismo», esiste un modello virtuoso che valorizza «la pluralità delle istituzioni, la coesione e il protagonismo sociale».
Quindi il tema politico. «
C’è uno scarto molto forte tra domanda e offerta politica, a cui noi vogliamo tentare di dare una risposta» ha affermato Dellai, avvertendo: «I cattolici non sono interessati a operazioni strumentali e a demagogie. Ma chiedono novità politiche e forti valori sociali. E’ finalmente chiusa la fase dei valori proclamati e contraddetti. Oggi si torna ad esigere dai politici coerenza e onestà».
Infine il ministro per la cooperazione e l’integrazione,
Andrea Riccardi, ha parlato di quello di oggi come di un «laboratorio di idee,
un laboratorio ambizioso, ma non a servizio di ambizioni personali». «Siamo ambiziosi per non essere rassegnati - ha detto -
ambiziosi per l'Italia». Ha difeso il ministro l’operato del governo Monti di cui ha segnalato la “rottura” rispetto al passato sul piano del linguaggio, parlando del coraggio di dire le cose come sono, di dare «buone notizie perché vere», di «patriottismo delle cose o realismo patriottico».
Ha individuato nella crisi di rapporto con la cultura e con la gente i principali limiti dell’attuale politica, e ha denunciato «
un bipolarismo che si è fatto frattura multipla, conflittualità che paralizza l’azione»: «Siamo tutti gli uni contro gli altri, abbiamo bisogno invece di unità e coesione, di recuperare il senso di un destino comune, di recuperare una cultura di governo e di coalizione, che è un’idea etico-politica prima che tattica» ha detto richiamando ancora una volta l’insegnamento di De Gasperi.
«C’è grande domanda di novità» ha concluso Riccardi, richiamando il sondaggio realizzato da Ipsos per le Acli in occasione dell’Incontro di studi di Orvieto. «In assenza di novità la gente probabilmente si asterrà dal votare. Ed è gravissimo perché vuol dire che la gente non si sente più coinvolta nel destino della comunità nazionale». «Ma il nuovo non deve essere sradicato», non servono «prodotti effimeri». «Occorre avere il coraggio di radicare il nuovo nelle tradizioni e nelle culture politiche storiche del Paese, attraverso una nuova concezione della politica come servizio e come speranza». «Cose nuove, radici, idee», ha riassunto il ministro Riccardi, che ha voluto prendere le distanze, a nome dei presenti, dall’etichetta di “moderati”. «
La moderazione è una grande virtù, ma io preferirei parlare di riformisti nazionali, con una visione europea e internazionale»