Il Signore esaudisce la preghiera di un uomo dal cuore sincero e contrito. Consapevoli del nostro peccato accogliamo l'amore e il perdono di Dio che ce ne libera.
Luca 18,9-14
In quel tempo, 9 Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
14 Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
L’intima presunzione di essere giusti, disprezzando gli altri, per Gesù arriva fino alla preghiera, che dovrebbe essere il luogo di verità per ciascuno di noi, in quanto ci ritroviamo faccia a faccia con il Signore. La preghiera è il luogo privilegiato in cui la memoria di ciò che contraddice il senso della vita viene posto davanti al Signore per ottenere una risposta da parte sua.
Con questa parabola Gesù vuole aiutarci a capire che nessuno si può considerare migliore degli altri. Anche Paolo, che abbiamo visto nella seconda lettura essere convinto della bontà della propria vita, ai Filippesi scrive così: «ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso» (2,3).
Il fariseo alimenta la propria presunzione nell’osservanza dei comandamenti e dei rituali religiosi. Egli si fa forte della propria fedeltà alla legge per giudicare gli altri, invece di ringraziare il Signore per quanto ha ricevuto gratuitamente da lui. Per questo si ritrova in una situazione di non verità, perché non sa riconoscere la realtà della propria vita, che non è merito suo, in quanto il dono originario viene dal Signore e lui vi ha solo corrisposto con giustizia. Non è lui la fonte della sua vita buona, ma il Signore.
Il pubblicano è consapevole della propria condizione di peccatore, e chiede al Signore di avere pietà di lui. Egli si ritrova così nella verità della propria vita e proprio per questo sarà esaudito.
Gesù conclude con un detto sull’esaltazione e l’umiltà. Quest’ultima è condizione necessaria e sufficiente per ottenere la salvezza: necessaria perché senza l’umiltà, che parte dalla consapevolezza della propria condizione di fragilità, ci ritroviamo nella menzogna; sufficiente perché chi è umile sa accogliere la salvezza che viene da Dio, che ama gli umili («Il Signore ama il suo popolo, incorona gli umili di vittoria» Sal 149,4).(leggi tutto nel documento correlato sotto l'immagine a sinistra)