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Bottalico: cancellati due gravi limiti alla sovranità popolare
Strage di Prato: forte sgomento delle Acli
Per la strage di operai schiavi arsi vivi nella fabbrica dormitorio dell’area industriale del Macrolotto a Prato, nelle Acli è forte lo sgomento. Sette vite di lavoratori spezzate - cui va la preghiera delle Acli ed il cordoglio ai loro familiari – in nome di una sete di profitto che supera ogni altra ragione.
“Una concezione della produzione che fa leva sulla fabbrica-dormitorio –afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli - rischia di divenire l’emblema dell’attuale capitalismo dal volto disumano e la si contrasta non solo con la repressione ma con una nuova cultura del lavoro e nuove regole dell'economia in grado di riconoscere e rispettare la dignità della persona umana in ogni parte del mondo a partire da casa nostra”.
“Si deve cominciare a rispondere di dove e da chi si compra la merce”, chiede Stefano Tassinari,vice presidente nazionale delle Acli e responsabile Lavoro, “la lotta al lavoro nero va al primo posto”.
Sul gravissimo incidente di Prato è intervenuto anche Antonio Russo, responsabile Immigrazione delle Acli nazionali:“Ci sono grandi sacche di lavoro sommerso. Riformare la legge Bossi Fini significa che tutti i lavoratori stranieri devono avere un lavoro legale”.
“Anche le Acli di Prato non possono più stare zitte”. Stefano Gelsumini, presidente delle Acli di Prato richiama l'attenzione su "un nuovo modo di lavorare, un nuovo modo di produrre, un nuovo modo di riscattare l’uomo nella dignità più vera, non solo e soltanto nella fase produttiva, ma anche nel momento dell’acquisto, del consumo. Iniziamo a chiederci come certi prodotti possono essere immessi sul mercato a prezzi così “stracciati”, come alcuni beni sono stati prodotti, la mano d’opera utilizzata per la creazione di oggetti anche di pregio”.
Convertitevi, perché il regno dei cieli e vicino
Prepararsi alla venuta di Gesù vuol dire convertirsi dal proprio peccato per vivere secondo l'amore di Dio che ci fa vivere, ci accoglie e ci perdona.
8 dicembre 2013 - II Domenica di Avvento - Anno A
Matteo 3,1-12
1In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea 2 dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». 3 Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».
4E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. 5 Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6 e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
7Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8 Fate dunque un frutto degno della conversione, 9 e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12 Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Giovanni Battista è il precursore del Messia. Egli è consapevole che i tempi della salvezza si stanno compiendo e invita alla conversione il popolo d’Israele. Il regno di Dio si avvicina e occorre prepararsi convertendosi dal peccato per vivere nella giustizia. Già Isaia aveva annunciato il suo presentarsi sulla scena del mondo con questa missione: preparare il cuore degli uomini per la venuta del messia.
Giovanni sta nel deserto, lontano dai luoghi della vita comune, deserto come luogo in cui si riscoprono le cose essenziali che permettono di vivere: cavallette e miele selvatico, che indicano l’affidamento al Signore. Il deserto è il luogo in cui il Signore riconduce il suo popolo per fargli rivivere i legami di amore con cui lo unisce a sé (Os 2,16; Os 11,1-6), per fargli sperimentare la giustizia, così che possa anche lui viverla pienamente. L’essenzialità della vita di Giovanni era un segno ben compreso dai suoi contemporanei, che vedevano in lui un uomo degno di fede, uno che non ha altro interesse che quello di annunciare ciò che ha udito. Per questo andavano da lui a confessare i propri peccati.
A chi viene da lui forte della propria fede e tradizione, Giovanni rivolge una parola sferzante: non fatevi scudo della vostra tradizione, ma anche voi, come tutti gli altri, convertitevi.
Il tempo del giudizio è vicino e tutto ciò che in ciascuno non porta un frutto di bontà e di giustizia, verrà tagliato e gettato nel fuoco (cfr. Mc 9,42ss).
Giovanni è consapevole che se lui battezza solo con l’acqua, cioè attraverso un mezzo esterno, simbolo della realtà interiore, il Messia invece immergerà gli uomini nello Spirito d’amore del Padre, che brucerà tutti i peccati e lascerà vivere il buon grano, nutrimento d’amore per tutti.
Accogliamo con gioia questa purificazione dei nostri peccati che si realizza tramite il fuoco d’amore che viene da Dio.
(leggi tutto nel documento allegato sotto l'immagine a sinistra)
Raffaella Maioni riconfermata alla guida di Acli Colf
L'Assemblea congressuale delle Acli Colf, che si è conclusa oggi, ha confermato alla sua guida Raffaela Maioni.Sono stati eletti anche il nuovo direttivo e la nuova segreteria nazionale.
Congresso Acli Colf: integrare lavoro di cura e politiche sociali
Maioni, resp. Acli Colf: passare da un welfare familistico a misure di sostegno al reddito e detrazioni.
Bottalico: dalle Colf una spinta alla globalizzazione della solidarietà. Sull'Ucraina: guardare al bene di quel Paese, Russia e Unione Europea non sono alternative ma complementari
“Il lavoro di cura in Italia è una derivazione del lavoro domestico che, nel corso del tempo ha assunto una valenza socio-sanitaria, fino a divenire un sistema di cura privato erogato presso l’abitazione della persona assistita”. Lo ha affermato Raffaella Maioni, responsabile nazionale delle Acli Colf, nel seminario che si è tenuto il 29 novembre a Roma sul tema “Il lavoro di cura nel welfare che cambia. Antiche sapienze e nuova professione”, con il quale si è aperta l'Assemblea congressuale delle Acli Colf, che proseguirà fino a domenica.
“In questi anni è sorto un welfare familistico, fai-da-te, che ha visto come protagonisti principali le famiglie datrici di lavoro e le lavoratrici straniere – ha proseguito Raffaella Maioni – nel vuoto delle politiche pubbliche per i servizi alla famiglia. Per questo occorre oggi prevedere per la famiglia meccanismi di sostegno al reddito, come l’intera detraibilità del costo del lavoro di cura, e servizi idonei al suo fabbisogno”.
In base ai dati INPS sui rapporti di lavoro regolarmente registrati, nel 2011 in Italia si contano oltre 881mila lavoratori impegnati nel settore del lavoro domestico. Di questi l’80,3% (ca. 707mila) è di origine straniera (nel dettaglio, gli extracomunitari sono il 55,1%, ca. 486mila), mentre i restanti 173mila lavoratori sono di origine italiana. Si pensi che solo nel 2001 i lavoratori del settore erano ca. 270mila. In un decennio il lavoro domestico è esploso, triplicando il numero di addetti al settore.
La responsabile delle Acli Colf ha quindi avanzato la richiesta “di una maggiore integrazione del lavoro domestico e di cura con i servizi sociali, e con le politiche sociali. Ciò darebbe anche un contributo all'emersione dal nero del lavoro domestico e di cura, per un pieno riconoscimento della sua dignità e della sua qualità, in un quadro di legalità”.
“Alla massiccia presenza di migranti – ha affermato Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli chiudendo i lavoro - si affianca nelle Acli Colf una altrettanto prevalente componente femminile. Le Acli sostengono le battaglie per i diritti e la dignità della donna nel mondo del lavoro in ogni parte del mondo e per combattere la tremenda piaga del lavoro schiavo, che riguarda soprattutto le donne. Basta con questa “globalizzazione dell'indifferenza”, come l'ha definita Papa Francesco. Dobbiamo passare ad una globalizzazione dei diritti e della solidarietà!”.
Vista la numerosa presenza tra le collaboratrici domestiche di persone di nazionalità ucraina, il presidente delle Acli Bottatico ha commentato anche la mancata firma a Vilnius da parte della repubblica ex sovietica dell’accordo di associazione con l'Unione Europea, come fatto, invece, dalla Georgia e dalla Moldavia: “Sarebbe un errore porre l'Ucraina di fronte ad una falsa alternativa tra la scelta di un rapporto con l'Unione europea o con la Russia. L'Ucraina come paese cerniera tra l'Est e l'Ovest ha invece bisogno del rapporto con entrambi questi mondi per il suo sviluppo. Russia e Unione Europea - ha concluso Bottalico - non sono alternative ma complementari”.
Ricerca Iref: cambia il lavoro di cura, cambia il welfare
Ruolo e vincoli del lavoro domestico in Italia. I risultati di una ricerca Iref in occasione della XVIII Assemblea congressuale delle Acli Colf.
“Viviamo la vita degli anziani pur essendo giovani”. Un’immagine che può fotografare la condizione quotidiana di tanti lavoratori e lavoratrici di cura oggi in Italia. Al netto dell’affidabilità dei dati, dovuta anche alla ancora consistente diffusione di lavoro irregolare, e dell’incertezza sulle definizioni di lavoro domestico, nel caso dell’Italia stiamo parlando della vita di almeno 900 mila persone.
E questa è solo una delle immagini scattate dall’Iref, l’istituto di ricerca sociale delle Acli, che per conto delle Acli Colf ha elaborato il materiale emerso da 10 gruppi di discussione che nel complesso hanno coinvolto 74 lavoratrici, in larga parte donne straniere provenienti da 14 paesi differenti. Le risposte, raccolte ed sintetizzate nel rapporto Viaggio nel lavoro di cura, saranno la base per un lavoro di ricerca che si concluderà il 16 giugno 2014, data dell’International domestic worker day, la Giornata internazionale dei lavoratori domestici.
«I loro racconti – si legge nel rapporto, curato per l’Iref da Gianfranco Zucca – dimostrano il modo in cui sono “giocate” dal lavoro, ossia come i loro comportamenti rinforzino e legittimino i vincoli implicati dalle professioni della cura; ma anche come “giocano” la partita del lavoro».
Ma quali sono i vincoli individuati dall’Iref? Innanzi tutto quello delle «forti differenze retributive anche a parità di condizioni di impiego. In generale, nel Nord Italia le retribuzioni tendono a essere più alte rispetto al Mezzogiorno». Dagli 850/900 euro al mese di Treviso o Trieste – “lasciando stare il contratto” hanno sottolineato alcune lavoratrici – fino ai 350 «che, stando alle testimonianze delle lavoratrici napoletane, può richiedere un’assistente alla prima esperienza di lavoro e poco capace di parlare l’italiano».
I lavoratori e le lavoratrici domestiche interpellate affrontano poi tre diverse forme di competizione: quella degli stessi familiari degli assistiti, «che a volte assumono il ruolo di care giver»; quella delle lavoratrici appena giunte in Italia; quella delle donne italiane che tornano nel mercato dell’assistenza familiare: nel 2011, secondo i dati Inps, si è passati da 130 a 173 mila unità, mentre i lavoratori stranieri erano circa 707 mila. Secondo la Fondazione Leone Moressa, però tra il 2010 e il 2011, per la prima volta in tanti anni, si è registrato un calo tra i lavoratori stranieri (-5,2%).
Il prodotto di questo mercato in evoluzione è anche un generale deprezzamento del lavoro di cura.
Deprezzamento che coincide con«una de-regulation “casa per casa”: i datori di lavoro pongono le loro condizioni in termini di prendere o lasciare, consapevoli che per ogni rifiuto ricevuto c’è un certo numero di lavoratori disposti ad accettare». Questo mentre «il mercato richiede un’assistenza qualitativamente migliore a un prezzo sempre più basso»: i lavoratori domestici vengono assunti formalmente con una specifica mansione di assistenza, ma spesso invece si trovano a divenire il punto di riferimento organizzativo e persino affettivo della casa, per tutta una serie di incombenze, incluso lavoro infermieristico. In un numero sempre maggiore di casi «un assistente familiare arriva a condividere gran parte della sua vita con la persona della quale si occupa, anche i disagi e le ristrettezze economiche». In alcuni casi «si crea un legame così stretto per il quale l’assistente non può essere sostituita in alcun modo, neppure per brevi periodi», con l’incombere del rischio di sovraccarico psico-fisico e super lavoro per il lavoratore domestico.
"Dopo la grande sanatoria del 2002 – spiega Raffaella Maioni, responsabile nazionale uscente delle Acli Colf, che dal 29 novembre al 1 dicembre hanno in programma la loro XVIII Assemblea congressuale, a Roma – è esplosa in Italia la domanda di assistenza domestica da parte delle famiglie, con una prevalente richiesta di prestazioni socio-sanitarie. Le cosiddette ‘badanti’ hanno colmato un vuoto di cura del sistema di welfare italiano. Aprire finalmente gli occhi su questa realtà e predisporre servizi e sostegni adeguati significa oggi non solo sostenere le lavoratrici e i lavoratori del settore, ma dare attenzione e aiuto concreto alle necessità delle famiglie che si trovano a vivere nuove situazioni di precarietà e solitudine".
Serve un cambio di marcia nel contrasto alla povertà
Le Acli a governo e parlamento: legge di stabilità e lotta alla povertà, risorse molto insufficienti, manca un piano
“Si deve registrare una macroscopica discrepanza tra le risorse stanziate e le dimensioni della povertà che dilaga in Italia”, rileva Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli, a proposito dell'emendamento alla legge di stabilità votato dal Senato, con il quale viene istituito un fondo di contrasto alla povertà finanziato attraverso un prelievo di solidarietà sulle pensioni d'oro oltre i 90 mila euro.
“Non solo le risorse contro la povertà sono a dir poco esigue –prosegue Bottalico - appena 40 milioni all'anno contro i 900 che servirebbero per avviare un progetto come il reddito di inclusione sociale (Reis) proposto da Acli e Caritas, ma risultano destinate alla sola estensione su tutto il territorio nazionale della nuova carta acquisti. Una cosa senz'altro opportuna ma che da sola non configura minimamente un intervento pianificato e sistematico di contrasto alla povertà”.
Per finanziare l'avvio di un piano nazionale contro la povertà le Acli - che insieme ad un nutrito cartello di forze sociali, sindacali istituzionali hanno promosso la costituzione dell' ”Alleanza contro la povertà in Italia” - ritengono indispensabile la definizione di un quadro certo ed adeguato di investimenti senza il quale risulterebbe poco realistico immaginare la costruzione di un sistema locale di servizi adeguato alla lotta contro l’esclusione sociale.
Questa costruzione richiede investimenti, sviluppo di competenze e programmazione: gli enti locali, il terzo settore e le Organizzazioni sociali impegnati nel territorio potranno realizzarla solo se riceveranno un’adeguata stima economica e previsionale.
“Per questo– conclude il presidente Bottalico - le Acli chiedono a governo e parlamento di operare un deciso cambio di marcia nella lotta alla povertà che sia commisurata alla gravissima emergenza che essa costituisce per il Paese”.
Acli Colf: le sfide del lavoro di cura (video)
Tutto pronto per la XVIII Assemblea congressuale Acli Colf che si terrà a Roma dal 29 novembre al 1° dicembre e porterà al rinnovo del direttivo e della responsabile nazionale che guideranno l’associazione per il prossimo mandato.
Quello che si chiude in questi giorni è stato un quadriennio di sfide in cui la crisi ha fortemente mutato la professione di colf e badanti. È Raffaella Maioni, responsabile nazionale uscente delle Acli Colf, a descrivere com’è cambiato il lavoro di cura.
Vegliare attendendo Gesù
La salvezza ci raggiunge quando meno ce lo aspettiamo e sotto forme che riteniamo inconsuete per la gloria di Dio. Vigilare è la condizione dei cristiani che attendono il compimento dei tempi.
1 dicembre 2013 - I Domenica di Avvento - Anno C
Matteo 24,37-44
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
37«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca,39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40 Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41 Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43 Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44 Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
L’avvento è caratterizzato da due dimensioni temporali: l’attesa della venuta di Gesù e il compimento del tempo che si realizza con la sua incarnazione.
Dunque attesa e compimento ci attraversano il cuore e risvegliano in noi la fede che nella quotidianità della vita sembra appannarsi, mentre si realizza giorno per giorno con la fedeltà al comandamento del Signore: «amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,39).
Gesù parla ai discepoli della fine dei giorni, quando lui verrà, paragonandoli al tempo di Noè. La fine giunge all’improvviso e solo chi è amico di Dio, come Noè, si accorge e si prepara al giudizio definitivo. La venuta del Signore si compie in due tempi: la sua presenza in mezzo a noi duemila anni fa e la sua venuta alla fine dei giorni. Quando il tempo si compie accade che uno venga preso e l’altro lasciato, così come accade tutti i giorni.
Gesù ci esorta alla vigilanza, perché non sappiamo quando viene il tempo in cui ci troveremo di fronte al Signore: all’improvviso possiamo morire e in quel momento, per noi, si compie il giudizio di salvezza.
Per questo occorre essere irreprensibili sempre, non lasciarci travolgere dalla mentalità del mondo, ma vivere nell’umiltà dell’amore del prossimo, confidando nel Signore. In questo modo saremo sempre pronti per la venuta di Gesù in mezzo a noi nell’oggi sempre vivo e attuale a motivo della sua presenza di risorto.
Leggi tutto nel documento allegato
Le Acli: battaglia di civiltà combattere violenza contro le donne
25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“È una battaglia di civiltà prevenire e combattere la violenza contro le donne“, afferma Agnese Ranghelli responsabile nazionale del coordinamento donne delle Acli in una nota per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra lunedì 25 novembre.
“La violenza alle donne – vi si legge - solo da pochi anni è diventato un tema di dibattito pubblico; sono ancora carenti le politiche in contrasto alla violenza alle donne, ricerche, progetti di sensibilizzazione e di formazione. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali”.
Le cifre sono drammatiche. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. Ed i rischi maggiori provengono dall'ambito delle persone conosciute.
In Italia (fonte Istat) si stima che 6.743.000 donne tra i 16 e i 70 anni sono state vittime di abusi fisici o sessuali e circa un milione ha subito stupri o tentati stupri. Il 14,3 per cento delle donne italiane è stata vittima di violenza da parte del partner, ma solo il sette per cento lo ha denunciato e spesso anche la denuncia non ferma la violenza .
Il 34% di donne che ha subito violenza da parte del proprio compagno, non ne parla, senza contare le violenze più sottili ma altrettanto devastanti di tipo psicologico.
Il femminicidio in questo 2013 procede al ritmo di una donna uccisa ogni due giorni e mezzo e disegna un quadro inquietante della violenza sulle donne nel nostro Paese.
“Rieduchiamoci – indicano le donne Acli - al rispetto, al reciproco rispetto fra uomini e donne, alla ricchezza interiore: accettando la donna come essere che ha pari dignità, e non come una persona da sfruttare. Dalla presenza delle donne la società trae benefici in tutti i settori: familiare, sociale, lavorativo, economico, politico, religioso. Le donne e gli uomini del terzo millennio sono chiamati ad esserne consapevoli”.
Le Acli: battaglia di civiltà combattere violenza contro le donne
25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
“E' una battaglia di civiltà prevenire e combattere la violenza contro le donne“, afferma Agnese Ranghelli responsabile nazionale delle donne Acli in una nota per la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra lunedì 25 novembre.
“La violenza alle donne – vi si legge - solo da pochi anni è diventato un tema di dibattito pubblico, sono ancora carenti le politiche in contrasto alla violenza alle donne, ricerche, progetti di sensibilizzazione e di formazione. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali”.
Le cifre sono drammatiche. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. Ed i rischi maggiori provengono dall'ambito delle persone conosciute.
In Italia (fonte Istat) si stima che 6.743.000 donne tra i 16 e i 70 anni sono state vittime di abusi fisici o sessuali e circa un milione ha subito stupri o tentati stupri. Il 14,3 per cento delle donne italiane è stata vittima di violenza da parte del partner, ma solo il sette per cento lo ha denunciato e spesso anche la denuncia non ferma la violenza .
Il 34% di donne che ha subito violenza da parte del proprio compagno, non ne parla, senza contare le violenze più sottili ma altrettanto devastanti di tipo psicologico.
Il femminicidio in questo 2013 procede al ritmo di una donna uccisa ogni due giorni e mezzo e disegna un quadro inquietante della violenza sulle donne nel nostro Paese.
“Rieduchiamoci – indicano le donne Acli - al rispetto, al reciproco rispetto fra uomini e donne, alla ricchezza interiore: accettando la donna come essere che ha pari dignità, e non come una persona da sfruttare. Dalla presenza delle donne la società trae benefici in tutti i settori: familiare, sociale, lavorativo, economico, politico, religioso. Le donne e gli uomini del terzo millennio sono chiamati ad esserne consapevoli”.
Gesù: un re che serve e salva
Gesù è il Signore della storia e del tempo annunciando il regno di Dio che viene e offrendo la vita vera a tutti coloro che la desiderano accogliere con umiltà e gioia.
Il commento alle letture di domenica 24 novembre 2013 - Solennità di Cristo re - Anno C.
Luca 23,35-43
In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù, 35 il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto».
36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto 37 e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40 L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? 41 Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
42E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Con questa solennità si vuole celebrare Cristo quale Signore della storia e del tempo. Essa fu introdotta da papa Pio XI, con l’enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925. Quest’anno la liturgia ci propone di contemplare Gesù in croce, quale re dei Giudei, ma più di tutto come colui che regna dalla croce.
Il vangelo di Luca è quello che ci mostra la misericordia di Gesù anche sulla croce.
Alla derisione dei capi, che vedendolo in croce non credono sia capace di salvare se stesso, dopo i tanti miracoli compiuti a favore di altri, Gesù non risponde nulla.
Anche i soldati lo deridono in quanto lo vedono come un re impotente e senza armi.
Sono i suoi compagni di morte coloro che lo interpellano sul senso vero della sua regalità sulla morte.
Il primo lo insulta con la domanda che ha attraversato i secoli: se sei il Cristo perché non salvi tutti gli uomini risparmiando loro la morte?
Il secondo invece riconosce l’innocenza di Gesù e la sua vera regalità: «ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Egli non sa bene cosa questo voglia dire, ma sa che il regno di Dio annunciato da Gesù è un regno di vita e non di morte, e di questo regno lui vuole farne parte, anche quando tutto sembra contraddire questa realtà.
Questa fiducia del secondo malfattore riceve una risposta positiva da Gesù, che conferma la sua fede in Gesù che ha annunciato il regno di Dio: «oggi con me sarai nel paradiso».
Gesù dona sempre con abbondanza, al di là delle aspettative degli uomini: la realizzazione del regno si compie in quel venerdì di Pasqua, mentre si celebra l’alleanza tra Dio e il suo popolo, alleanza che coinvolge oggi tutti i popoli della terra offrendo a ciascuno la salvezza nel nome di Gesù.
(leggi tutto nel documento allegato {phocadownload view=file|id=911195|text=Solennità di Cristo re Anno C|target=s})
Gesù: un re che serve e salva
Gesù è il Signore della storia e del tempo annunciando il regno di Dio che viene e offrendo la vita vera a tutti coloro che la desiderano accogliere con umiltà e gioia.
Il commento alle letture di domenica 24 novembre 2013 - Solennità di Cristo re - Anno C.
Luca 23,35-43
In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù, 35 il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto».
36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto 37 e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40 L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? 41 Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
42E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Con questa solennità si vuole celebrare Cristo quale Signore della storia e del tempo. Essa fu introdotta da papa Pio XI, con l’enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925. Quest’anno la liturgia ci propone di contemplare Gesù in croce, quale re dei Giudei, ma più di tutto come colui che regna dalla croce.
Il vangelo di Luca è quello che ci mostra la misericordia di Gesù anche sulla croce.
Alla derisione dei capi, che vedendolo in croce non credono sia capace di salvare se stesso, dopo i tanti miracoli compiuti a favore di altri, Gesù non risponde nulla.
Anche i soldati lo deridono in quanto lo vedono come un re impotente e senza armi.
Sono i suoi compagni di morte coloro che lo interpellano sul senso vero della sua regalità sulla morte.
Il primo lo insulta con la domanda che ha attraversato i secoli: se sei il Cristo perché non salvi tutti gli uomini risparmiando loro la morte?
Il secondo invece riconosce l’innocenza di Gesù e la sua vera regalità: «ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Egli non sa bene cosa questo voglia dire, ma sa che il regno di Dio annunciato da Gesù è un regno di vita e non di morte, e di questo regno lui vuole farne parte, anche quando tutto sembra contraddire questa realtà.
Questa fiducia del secondo malfattore riceve una risposta positiva da Gesù, che conferma la sua fede in Gesù che ha annunciato il regno di Dio: «oggi con me sarai nel paradiso».
Gesù dona sempre con abbondanza, al di là delle aspettative degli uomini: la realizzazione del regno si compie in quel venerdì di Pasqua, mentre si celebra l’alleanza tra Dio e il suo popolo, alleanza che coinvolge oggi tutti i popoli della terra offrendo a ciascuno la salvezza nel nome di Gesù.
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Legge aziende confiscate: inizia la discussione
La commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha incardinato il pdl n.1138 (rel. Mattiello), la legge d’iniziativa popolare che propone di rafforzare gli strumenti volti al riuso sociale delle aziende sequestrate e confiscate alle mafie, per sfruttarne a pieno le potenzialità occupazionali e di sviluppo per i territori.
La calendarizzazione di una proposta di legge d’iniziativa popolare, sottoscritta da 120.000 cittadini e presentata alla Camera lo scorso 3 Giugno, rappresenta un risultato molto importante, a cui speriamo possa seguire un’imminente discussione a approvazione in aula.
Le aziende confiscate alla criminalità sono un patrimonio inestimabile, che a causa dell’attuale normativa spesso è destinato al deperimento; sono circa 1.700 quelle confiscate, a cui vanno aggiunge più di 7.000 in fase di sequestro. Sono aziende che fanno riferimento a tutti i settori economici e produttivi del nostro paese, anche per questo il loro riuso potrebbe rappresentare una notevole opportunità per il rilancio occupazionale di territori fortemente vessati dalla presenza mafiosa.
La proposta di legge – promossa da un vasto schieramento composto da Cgil, Libera, Acli, Arci, Avviso Pubblico, Legacoop, Sos Impresa e Centro Studi Pio La Torre – prevede di introdurre strumenti di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici di questo delicato settore (sono circa 80.000 le persone che hanno perso lavoro e reddito a causa delle lacune dell’attuale normativa), nuovi strumenti di intervento per scongiurare il fallimento sin dalla fase di sequestro e l’introduzione di un fondo di rotazione (finanziato da una piccola quota delle liquidità confiscate alle mafie) per favorire il percorso di emersione alla legalità e di rilancio di queste aziende.
La proposta di legge n. 1138 si inserisce nel solco tracciato in questi anni dalla legge Rognoni-La Torre e della legge n.109/96, che oggi permettono di restituire alla collettività quello che le mafie hanno accumulato con la violenza e la sopraffazione. Rappresenta, inoltre, anche un sostegno e una risposta concreta al lavoro della magistratura e dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, che più volte hanno posto l’accento sulla necessità di colmare i limiti dell’attuale legislazione e rafforzarla. Per questo riteniamo fondamentale l’approvazione della proposta n.1138, per completare, rafforzare e migliorare tutti gli strumenti che in questi anni si sono rivelati imprescindibili per sfidare e battere le mafie su un terreno economico e sociale, una battaglia imprescindibile per un paese che dovrebbe vedere proprio nella legalità una precondizione per superare la fase di crisi economica che stiamo attraversando.