Vivere la Domenica
Separarsi dal proprio male per vivere con Gesù
Essere con Gesù: separarsi dal male per compiere le sue opere di salvezza, via di sapienza e di vita.
Marco 9, 38-43.45.47-48
In quel tempo, 38 Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». 39 Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40 chi non è contro di noi è per noi. 41 Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. 42 Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. 43 Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. 45 E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geenna. 47 E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna, 48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
Dopo l’annuncio della passione morte e resurrezione e il discorso sul servizio, Gesù viene interpellato da Giovanni che gli chiede un consiglio su cosa fare a riguardo di chi compie gesti salvifici, ma non è al seguito di Gesù come loro. I discepoli sono del parere di impedire loro di agire, proprio perché non sono al seguito di Gesù, come se non avessero titolarità per scacciare i demoni. Ma Gesù è di parere diverso. Egli sa che chiunque compie il bene viene da Dio e non può perciò opporsi a Gesù.
Il bene che viene da Dio si manifesta anche in forme non “ortodosse”, cioè non nelle forme istituzionali che si ritiene garantiscano il marchio di fedeltà a Dio. Gesù ha una visione più larga: chi non è contro di noi è per noi. Il tutto deve avvenire comunque nel nome di Gesù, perché è nel suo nome che si manifesta e realizza la salvezza per tutti. Chi riconosce in Gesù e nei suoi discepoli la salvezza che avanza nel mondo e compie dei gesti di vicinanza – per esempio, un bicchiere d’acqua – avrà la sua ricompensa, cioè la salvezza che ha riconosciuto in Gesù. Chi invece scandalizzerà colui che, in quanto piccolo, segue Gesù, dovrà rendere conto del proprio agire. Infatti lo scandalo spegne la speranza che la salvezza si sta realizzando, mortifica la coscienza di colui che crede. Tutti facciamo fatica a credere, perché la nostra fede/ fiducia in Gesù si basa su ciò che non vediamo e tocchiamo, cioè sulla parola che riceviamo e a cui prestiamo fede/fiducia.
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Essere ultimi per essere primi
Essere ultimi per servire tutti, paradosso della fede che interroga il nostro agire quotidiano e la confidenza nella nostra potenza.
Marco 9,30-37
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli 30 attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
33 Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti».
36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Domenica scorsa abbiamo visto la reazione di Pietro all’annuncio di Gesù della sua morte e resurrezione. Marco racconta poi l’episodio della trasfigurazione (che si legge il 6 agosto) e la successiva liberazione di un figlio da uno spirito immondo.
La traversata della Galilea, qui menzionata, racconta di come Gesù in un qualche modo – secondo la narrazione di Marco – voglia mantenere quanto più possibile un profilo basso, perché è consapevole dei fraintendimenti da parte delle folle e dei suoi stessi discepoli della sua missione salvifica. Ai discepoli ripropone l’annuncio della morte e resurrezione, ma ancora una volta si scontra con la loro incomprensione che non trova nemmeno le parole per iniziare un dialogo e comprendere cosa voglia dire risorgere dai morti. Se a noi cristiani questo sembra per un certo verso più facile che per i discepoli di Gesù prima della resurrezione, tuttavia dobbiamo rilevare che questa esperienza di Gesù risorto non è facile anche per noi, come testimoniano numerose inchieste su ciò che veramente credono i cristiani nei riguardi della resurrezione.
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Gesù muore e risorge
Gesù ci vuole accompagnare a varcare la soglia del mistero dell'agire di Dio, sottraendoci al dominio di satana e aprendoci la vita dello Spirito.
Marco 8,27-35
In quel tempo, 27 Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29 Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». 34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Siamo al cuore del vangelo di Marco, nel punto di svolta, in cui Gesù comincia a parlare apertamente ai suoi discepoli del suo destino di passione, morte e resurrezione per la salvezza del mondo.
Gesù comincia a dialogare con i suoi discepoli per sapere quello che la gente dice di lui, parole che venivano confidate ai discepoli più che dette direttamente in faccia a Gesù. La risposta è che la gente considera Gesù un profeta, rifacendosi a quei personaggi che nel passato del popolo erano stati inviati da Dio con una parola di conversione e di incoraggiamento per praticare il bene e abbandonare il peccato.
Gesù passa a chiedere cosa pensano loro di lui. Pietro dà una risposta che supera quella della gente, infatti non dice che è un profeta, ma il Cristo, il Messia promesso che doveva compiere la definitiva salvezza del popolo. Il Messia è più che un profeta, non solo parla a nome di Dio, ma compie la salvezza, cosa che anche per i profeti era compito di Dio. Pietro intuisce, qui, che Gesù è più che un profeta.
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Fa bene ogni cosa: dà la vita
Fare bene ogni cosa: dare la vita a chi ne ha bisogno. Diventiamo veri discepoli di Gesù.
Marco 7,31-37
In quel tempo, 31 Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Gesù era andato al nord, verso Tiro e Sidone, e qui aveva guarito la figlia di una donna di quelle parti, una donna che non faceva parte del popolo d’Israele e che tuttavia, con la sua fede, aveva convinto Gesù a guarire la figlia posseduta da un demonio. E’ l’unica volta che Gesù si piega al volere di un interlocutore e si lascia convincere a mutare il proprio convincimento.
Ora Gesù torna verso il mare di Galilea, cioè il lago di Tiberiade. Qui gli portano un uomo sordomuto per guarirlo. Costui non poteva comunicare, se non a gesti, con coloro che lo accudivano, non poteva lavorare, era emarginato dalla vita sociale del suo popolo.
Gesù lo prende in disparte perché non vuole che si sappia cosa sta per accadere. Il vangelo di Marco è costruito in modo tale da mantenere il segreto sulla vera identità di Gesù come figlio di Dio fin sotto la croce, quando il centurione vedendolo morire in quel modo, lo proclama tale.
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Vivere con cuore puro
Un cuore puro e sincero è gradito a Dio: un uomo che ama, come Gesù, amore sa vivere le prescrizioni della legge con sapienza.
Marco 7,1-8.14-15.21-23
In quel tempo, 1 si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 2 Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3 - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi 4 e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, 5 quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». 6 Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
"Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
7 Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
8 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
14 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! 15 Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». 21 E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22 adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».
Gesù si trova ad affrontare il tema della finalità della legge con i rappresentanti della legge stessa: i farisei, che erano i più attenti nel metterla in pratica, e gli scribi, che erano coloro che la interpretavano.
Il confronto sulla legge nasce da un fatto pratico: mangiare senza aver fatto le purificazioni prescritte dalla legge da parte dei discepoli. La domanda viene dai farisei e dagli scribi, che la collegano con la tradizione degli antichi, cioè dei padri del popolo.
Gesù riprende un testo del profeta Isaia (29,13) e risponde con accuratezza: queste pratiche non sono dottrina di Dio, ma degli uomini, infatti il cuore è lontano dalle labbra, cioè c’è una discrepanza tra ciò che si professa nel culto e ciò che si vive nella vita quotidiana. Come dirà san Paolo: non è l’osservanza della legge che salva, ma credere in Gesù risorto figlio di Dio.
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Gesù è il santo di Dio
La santità è la vera vita e Gesù ne è l'autore. Nello Spirito del PAdre egli la dona agli uomini, perché possano vivere anche loro da santi.
Giovanni 6,60-69
In quel tempo, 60 molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61 Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63 È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64 Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65 E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
66 Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67 Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68 Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69 e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Gesù ha terminato il suo discorso sul pane della vita nella sinagoga di Cafarnao, in cui ha invitato esplicitamente i suoi compaesani a mangiare della sua carne e del suo sangue per avere la vita eterna.
Queste parole, se non ben intese nel suo significato realistico-simbolico, fanno pensare che i cristiani sono invitati a diventare dei cannibali, cosa niente affatto vera né per Gesù né per noi. Tuttavia, proprio quando non sono intese bene, diventano dure da ascoltare. Gesù, che conosce il senso di quanto sta dicendo e sa che può suscitare questa reazione tra i discepoli, li interroga sul loro scandalizzarsi, invitandoli a prendere atto che lui viene dal cielo, anche se ora si trova in mezzo a loro per la loro salvezza. Occorre avere fiducia nello Spirito che dà la vita, in quanto è nello Spirito che siamo creati dal Padre, mentre la carne, cioè la fragilità della vita umana non dà la vita, perché alla fine si muore e non può essere il fondamento su cui poggiare la propria vita.
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Mangiare la vita per vivere della vita
La vita si diffonde quando viene mangiata. Questa legge di natura Gesù la fa sua offrendosi come la vita vera. Se vogliamo vivere è lui che dobbiamo mangiare.
Giovanni 6,51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla: 51 «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù, nel dialogo con i giudei, li esorta a credere che solo se mangeranno la sua carne e berranno il suo sangue potranno avere parte alla vita eterna. Ma se Gesù intende ciò in modo simbolico, i suoi interlocutori lo intendono in modo materiale e ne rimangono sconcertati. Ora il simbolo non è qualcosa di irreale, come spesso riteniamo ai nostri giorni, ma è qualcosa che opera realmente in quanto mette in relazione realtà diverse, in questo caso mangiare la carne e bere il sangue di Gesù con la nostra vita, vuol dire entrare in relazione con Gesù vivente. Se ci fermiamo alle apparenze del simbolo ci disgustiamo come i giudei, se invece lo accogliamo come un ponte reale che ci mette in relazione con ciò che esso indica, Gesù vivente, possiamo coglierne tutte le potenzialità e farci accompagnare nel mistero di Gesù che si dona a noi.
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Gesù ci sazia con la vita
E' la vita che ci sazia, e la vita di Gesù è la vita vera che sola può saziare il nostro desiderio di vita buona e giusta.
Giovanni 6,41-51
In quel tempo, 41 i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?». 43 Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Nei versetti 6,36-40 – che la liturgia omette nella lettura continua di questo dialogo di Gesù con i Giudei – Gesù afferma che la sua missione è quella di non perdere nulla di tutto ciò che il Padre gli ha affidato. Infatti «questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (6,40)
La mormorazione dei Giudei rimanda alla mormorazione degli ebrei nel deserto nei confronti del Signore, da cui poi ottennero il pane dal cielo. Qui la mormorazione è contro Gesù perché si era identificato con il pane disceso dal cielo. Lo sconcerto dei Giudei, maggiore del nostro, è basato sul fatto che di Gesù essi conoscevano il padre e madre, Giuseppe e Maria, e dunque come poteva Gesù dire di essere disceso dal cielo?
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Discernere i "segni" di Dio
Il segno di Dio svela il desiderio del cuore dell'uomo. Dio ci aiuta a discernere il bene che ci fa e ad accoglerlo con gioia.
Giovanni 6,24-35
In quel tempo, 24 quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25 Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?».
26 Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28 Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29 Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
30 Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede loro da mangiare un pane dal cielo"». 32 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33 Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
34 Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Tra l’episodio della moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-14) e l’attuale, Giovanni inserisce il racconto di Gesù che, camminando sulle acque, raggiunge i discepoli in mezzo al lago e con loro raggiunge Cafarnao.
La folla rimasta al di là del lago, dove era avvenuto il segno della moltiplicazione dei pani, va in cerca di Gesù. Una volta trovatolo gli chiedono come aveva fatto a raggiungere quel posto, visto che si era ritirato solo sulla montagna e non era partito con i discepoli sulla barca. Gesù non risponde a questa domanda, ma comincia a parlare del cuore dei suoi interlocutori. Egli svela loro che cosa alberga nei loro cuori in relazione al segno che hanno visto.
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Condividere porta la vita
Benedire ciò che si condivide porta la vita per tutti. Il dono ricevuto e scambiato è segno della fraternità vissuta concretamente.
Giovanni 6,1-15
In quel tempo, 1 Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2 e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3 Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7 Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8 Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10 Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12 E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15 Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Il vangelo di Giovanni si può dividere in 3 parti. La prima è il libro dei segni (capp. 1-11), la seconda è la preparazione della pasqua/passione (capp. 12-17), la terza il mistero pasquale (capp. 18-21).
Dopo il battesimo presso il Giordano, Gesù compie il primo segno alle nozze di Cana; poi sale a Gerusalemme per celebrare la Pasqua con la purificazione del tempio e il colloquio notturno con il fariseo Nicodemo; Gesù incontra la Samaritana al pozzo mentre va a Gerusalemme per celebrarvi di nuovo la pasqua durante la quale risana un paralitico presso la piscina di Betzata e discute con i giudei sulla testimonianza che il Padre gli dà in quanto Figlio.
Siamo così giunti al nostro episodio che, contrariamente ai precedenti, Giovanni ha in comune con i vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca.
Siamo su un monte nei pressi del lago di Tiberiade. Giovanni è un narratore che commenta spesso quanto sta accadendo sia dando indicazioni di spazio e di tempo, che commentando gli avvenimenti. E’ una sua caratteristica, meno presente negli altri tre vangeli.
Siamo vicini a un’altra festa di Pasqua. Gesù si siede in un luogo elevato e vede salire verso di lui una folla. La sua prima preoccupazione è quella di sapere come dargli da mangiare e mette alla prova Filippo per vedere se riesce a intuire cosa sta succedendo.
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La compassione ci salva
La compassone di Gesù ci coinvolge nell'annnuncio del regno di Dio salvandoci dalle nostre chiusure e aprendoci alla fraternità con tutti.
Marco 6,30-34
In quel tempo, 30 gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
32 Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
34 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
La lettura quasi continua del vangelo di Marco salta l’episodio della morte di Giovanni Battista, che viene letto nella memoria liturgica del martirio del Battista il 29 agosto.
I Dodici sono andati in missione a due a due (come abbiamo visto la scorsa domenica) e sono tornati da Gesù raccontando nei particolari cosa avevano fatto e quello che avevano insegnato. E’ la verifica di questo esercizio formativo, che però aveva una efficacia reale per quanti li avevano incontrati.
Gesù si prende cura degli apostoli e li invita in un luogo in disparte dove poter raccontare con calma quanto avevano vissuto e anche per riposarsi dal cammino fatto per i villaggi vicini. Ma anche li, dove si trovavano, la gente non mancava e a tutti dovevano dare ascolto e indirizzare una parola evangelica, così non avevano il modo di mangiare, non essendoci un segnale per indicare l’orario della pausa-pranzo.
Gesù e gli apostoli si allontano su una barca, ma probabilmente seguono la costa così che diventa facile seguirli, anzi precederli nel luogo del nuovo approdo.
Qui Gesù vede questa grande folla e nel suo cuore nasce un moto di compassione.
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Inviati con sobrietà
Inviati con mezzi sobri, perché la potenza dell'annuncio viene dallo Spirito di Dio che lo sostiene e lo promuove nella storia degli uomini per farlo avanzare fino alla fine dei tempi.
Marco 6,7-13
In quel tempo, 7 Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
10 E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Dopo essere tornato a Nazaret ed essersi meravigliato dell’incredulità dei suoi concittadini, Gesù manda i suoi discepoli a sperimentare cosa vuol dire annunciare il regno di Dio. Gli fa compiere un tirocinio formativo e pone loro alcune condizioni necessarie per svolgere questo compito.
Prima di tutto non devono essere soli, ma in coppia, per non subire la fatica della solitudine della missione. Occorre confrontarsi, confortarsi e sostenersi a vicenda davanti allo svolgimento dell’annuncio con le sue ombre e le sue gioie.
Inoltre, i discepoli devono andare per strada con mezzi sobri e vivere di quello che la gente che incontreranno gli darà per il loro sostentamento. Ai nostri occhi questo appare poco usueto, ma sta a significare che i discepoli confidano nel Signore e negli uomini e non sulle loro forze per vivere, così da testimoniare la gratuità della salvezza che viene da Dio.
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Profeta disprezzato che porta la salvezza
Il profeta svela il pensiero di Dio su una situazione particolare. Gesù svela il pensiero di Dio sulla storia dell'umanità: sguardo e azione di misericordia.
Marco 6,1-6
In quel tempo, Gesù 1 venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
2 Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Gesù aveva lasciato il suo villaggio, Nazaret, per predicare la venuta del regno di Dio, cioè la presenza salvifica di Dio in mezzo al popolo, accompagnando le parole con gesti di guarigione e di esorcismo. Ora egli torna per predicare anche a casa sua il vangelo del regno di Dio.
Al sabato, durante la preghiera comune, Gesù si mette a insegnare nella sinagoga. La notizia di quanto stava compiendo era sicuramente giunta anche in quel paesino sperduto della Galilea. I suoi compaesani sono stupiti del suo insegnamento. Gesù non predica – come Giovanni Battista – la conversione dai peccati pena il giudizio di Dio, ma annuncia che Dio è vicino a tutti gli uomini e le donne. Ciò che conta per lui è «entrare» nel regno di Dio. Gesù non dice mai che occorre costruire il regno, ma che occorre entrare nella sua dinamica di fraternità e di perdono.
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La fede smuove Gesù
La fede in Gesù che salva, corrispondendo alla volontà di Gesù, si realizza nella storia. Rimaniamo fiduciosi e aperti alle vie del Signore, che a volte non comprendiamo.
Marco 5,21-43
In quel tempo, 21 essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22 E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23 e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24 Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25 Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28 Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
30 E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31 I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32 Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male». [...]
42 E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Il racconto di Marco di questi due episodi, uno incastrato nell’altro, ha come centro la fede di chi chiede la pienezza di vita, esplicitamente come Giairo, implicitamente come la donna. È un racconto che ci invita ad avere fede in Gesù che dà la vita.
La donna che Marco ci presenta, facendola emergere dalla folla indistinta come personaggio di questo evento, è presentata in una situazione che potremmo definire da “ultima spiaggia”. Le ha provate tutte, ha consultato medici, ma non ha risolto il suo problema: essa perde sangue da 12 anni e per questo motivo è considerata in stato di impurità perpetua. Essa non può partecipare alla vita quotidiana, ne è esclusa a causa delle continue perdite di sangue e non sa più che fare. Alla notizia che Gesù passa vicino alla sua casa, di nascosto a motivo del suo stato di impurità, si avvicina per toccargli il mantello. Essa crede con fede forte che questo semplice gesto possa guarirla, e così avviene.
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Preparare l'avvento del Messia
Luca 1,57-66.80
57 Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. 59 Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. 60 Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». 61 Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». 62 Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. 64 All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. 65 Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66 Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. 80 Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Il nome di Giovanni è al centro del brano odierno. Il nome, nella tradizione ebraica, indica qualcosa di significativo del bambino a cui viene dato.Giovanni significa: Dio ha fatto grazia, perché è nato da Elisabetta che era oramai sterile, essendo in età avanzata quando lo ha concepito.
Era normale prendere il nome tra quello degli antenati, così da diventare memoria del succedersi delle generazioni. Nel caso di Giovanni i genitori vanno all'origine di tutto: Dio, colui che ogni volta che nasce un bambino fa grazia non solo alla famiglia ma a tutti coloro che lo incontreranno e che saranno in relazione con lui.
Dio è il parente più vero e prossimo di ogni uomo e donna, perché è colui che dà la vita e di cui i genitori sono i tramiti che rendono possibile l'agire di Dio nella storia.
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L'ospitalità del regno di Dio
Il regno di Dio è il luogo in cui il Signore ci invita ad entrare per ospitarci gratuitamente e con abbondanza di doni. Questo ci meraviglia come la vitalità di un seme che germoglia, diventa grande e ospitale.
Marco 4,26-34
In quel tempo, Gesù 26 diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28 Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29 e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
33 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Il regno di Dio è una esperienza misteriosa della presenza del Signore che ha bisogno di metafore per poter essere detta. Non si può parlare direttamente del Regno, poiché è presenza di Dio tra gli uomini. Anche Gesù, per farci comprendere qualcosa di questo mistero, ce lo illustra mediante paragoni e parabole che spingono la nostra intelligenza a interrogarsi sulla realtà del regno di Dio.
Il primo paragone del brano vuole indicare la vitalità originaria del Regno: esso non ha bisogno delle cure dell’uomo, perché una volta gettato nella storia vive di vita propria e giunge a maturazione piena, come il seme.
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Il sangue è la vita
Il sangue è la vita e per questo fa rinascere la vita là dove c'è la morte. Gesù dona il sangue/vita per far rinascere la vita soffocata dal peccato e dalla morte.
Marco 14,12-16.22-26
12 Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
13 Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. 14 Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. […]
22 Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. 25 In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
26 Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Il racconto dell’ultima cena di Gesù con in suoi discepoli è inframmezzato (tra la preparazione, vv. 12-16, e l’istituzione della nuova alleanza, vv. 22-26) dall’annuncio del tradimento di uno dei discepoli (vv. 17-21). Di fronte a questa drammatica parola di Gesù, di cui sanno bene come conosca i cuori delle persone, i discepoli chiedono una conferma a Gesù: sono forse io? E Gesù restituisce loro un segno: colui che mette con me la mano nel piatto, per indicare la relazione di fiducia che viene tradita.
La preparazione della Pasqua avviene nel contesto “classico” della festa ebraica: occorre trovare un luogo accogliente, loro che sono forestieri e pellegrini a Gerusalemme proprio per celebrare la Pasqua. Probabilmente Gesù conosceva il padrone e il luogo, forse qualcuno che lo aveva seguito nella sua predicazione e vi acconsentiva con simpatia. Non sappiamo. Marco sottolinea comunque che i discepoli sono preoccupati dove Gesù possa mangiare la Pasqua (v. 12: tu possa mangiare), mentre Gesù vuole associare a sé i discepoli (v. 14: con i miei discepoli). Luca espliciterà questo desiderio di Gesù (unica volta nei vangeli in cui si parla del desiderio di Gesù): «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione» (Lc 22,14). Occorre prendere seriamente questo desiderio di Gesù che si rinnova in ogni celebrazione eucaristica, perché anche con noi Gesù vuole stringere la nuova alleanza nel suo sangue, cioè nella sua vita.
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Immergerci nel nome di Dio
Immersi nel nome di Dio - Padre, Figlio e Spirito santo - viviamo dell'amore di cui vive Dio stesso per diventare fratelli.
Matteo 28,16-20
In quel tempo, 16 gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17 Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18 Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
La lettura evangelica sottolinea la figura di Gesù risorto e del suo lascito ai discepoli.
Gli undici discepoli (manca Giuda e non è ancora stato associato a loro Mattia, cfr. At 1,15-26) vanno a incontrare Gesù là da dove aveva iniziato l’annuncio del regno di Dio, in Galilea. Il dubbio di chi sia veramente il Cristo risorto, cioè se è quel Gesù che essi avevano conosciuto nella vita terrena, è testimoniato dai vangeli in vari modi. La notizia della resurrezione definitiva da morte ha bisogno di un tempo per poter essere accolta, tanta è la novità nella storia degli uomini. Non è un semplice tornare alla vita (come per Lazzaro, ad esempio), ma un accedere alla vita definitiva.
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Consolati dallo Spirito di Gesù
Di fronte al male che sembra vincere nella storia, possiamo essere consolati dallo Spirito di Gesù che ci mostra che l'amore sia più forte della morte
Giovanni 15,26-27; 16,12-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15,26 «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27 e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. […]
16,12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14 Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Giovanni parla più volte nel corso del suo vangelo del ruolo dello Spirito Santo (3,34; 6,63; 7,39; 14,16-17.26; 16,7; 20,22).
Questi due brani, che oggi la liturgia ci propone, evidenziano due funzioni dello Spirito a riguardo di Gesù: la testimonianza e la guida alla verità.
Il Paraclito, che in greco significa il Consolatore (letteralmente: colui che parla accanto), è colui che dice la verità. Egli procede (proviene) dal Padre ed è inviato da Gesù per rendere testimonianza di lui agli uomini, cioè dirà la verità su chi è Gesù e sul senso della sua vita.
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